Quando i social diventano armi: la sfida dell’educazione e il nostro perché

di Donatella Muraro Pres. Fili di Rame Aps

Ci sono video che non fanno ridere. Nemmeno un po’. E non perché manchi il senso dell’umorismo, ma perché in quel ridere – quello degli adulti, non dei bambini – c’è qualcosa che stride profondamente. C’è la perdita del senso, dell’empatia, della responsabilità. E allora bisogna parlarne. Bisogna indignarsi, sì, ma anche riflettere.

È notizia recente quella di una madre svedese condannata per aver spaccato un uovo sulla fronte della figlia di due anni, filmando la scena per partecipare a una delle tante “challenge” virali su TikTok. La bambina, naturalmente, è scoppiata a piangere. Lei rideva. E poi, quel video, come tanti altri simili, è finito online. Una “Egg Cracked Challenge” che altro non è se non una forma di umiliazione pubblica a danno di chi meno ha gli strumenti per difendersi.

La domanda scomoda è: cosa ci è successo?

Siamo diventati adulti che dimenticano il loro ruolo? Che ridono della confusione dei propri figli invece di proteggerli? Che pensano che crescere un bambino sia una scenetta da postare, anziché un impegno quotidiano di cura, ascolto, pazienza?

Non è più solo una questione di “social usati male”. È qualcosa di più profondo: i social, in questi casi, diventano la lente che ingrandisce ciò che siamo – o ciò che abbiamo smesso di essere. Genitori che esercitano potere invece di dare conforto. Adulti incapaci di sostenere e, peggio, desiderosi di apparire a tutti i costi, anche sulle spalle dei propri figli.

È qui che Fili di Rame trova il suo senso più autentico. Perché il nostro progetto nasce proprio per questo: per ricostruire legami dove sono stati spezzati, per dare voce a chi non ce l’ha, per portare cura dove spesso c’è solo rumore. La nostra missione è semplice e necessaria: riportare l’attenzione sui legami familiari, sulle relazioni educative, su uno spazio domestico che sia davvero sicuro.

Non è intrattenimento. È violenza psicologica.

I bambini non comprendono l’ironia degli adulti. Non colgono le “battute”. Un gesto, una frase, una risata di troppo possono rimanere scolpiti a lungo nella loro memoria. E se imparano che si può ridere delle loro paure, delle loro reazioni, che messaggio porteranno nel mondo? Forse, un giorno, lo replicheranno. E saremo tutti un po’ più soli, un po’ più confusi, un po’ più distanti.

È tempo di fare una scelta. Di essere genitori presenti, responsabili. Di essere adulti credibili. Di usare i social per condividere valori, non contenuti vuoti. Di guardare ai bambini per ciò che sono: persone in crescita, non oggetti da esibire.

Perché crescere un figlio è, sempre, un atto di responsabilità. Non di spettacolo.

By Redazione

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